martedì 3 febbraio 2015

La cinica logica delle venti chianche

In passato quando si decideva di rimuovere le chianche in qualche zona del centro storico si è spesso trovata la motivazione che erano rotte ed irrecuperabili, salvo poi vedere ampie chiazze di asfalto o cemento che non corrispondevano quasi mai alle chianche rotte. Mai si è saputo dove venivano conservate per eventuali interventi di ripristino. In un successivo intervento, se si rimuove quel poco che ha lasciato la barbarie precedente, non si è meno colpevoli perché per un recupero si può sempre partire da quello che è rimasto, altrimenti aggiungiamo scempio ad altro scempio. Non voglio entrare nel merito se fossero venti o più, so solo che parecchie non erano visibili perché coperte da una cementazione sporca e mal fatta. 
Il pulpitoSecondo la logica delle venti chianche i nostri avi non avrebbero recuperato l'unico reperto pervenutoci dell'antica chiesa di san Giovanni Evangelista precedente alla chiesa di San Domenico, dove è conservato il pulpito quattrocentesco in questione con su inciso lo stemma dell'imperatore Federico II. Sempre secondo questa logica avremmo dovuto accettare lo scempio dell'Anfiteatro, perché vicino ad una zona ormai snaturata dalla presenza ingombrante del Comune. Sempre secondo questa logica si sarebbero definivamente seppellite le cripte sotto la chiesa di San Demetrio (ahimé una parte è definitivamente irrecuperabile sotto una colata di cemento). Si dovrebbe entrare invece nella logica che anche il più piccolo elemeto (anche una semplice chianca) è indispensabile per conservare un centro storico integro e corrispondente alla sua storia. Convinciamoci che il basolato con lastre di pietra di trani è fuori luogo e stona vicino alle nostre vecchie chianche che non sono mai perfettamente squadrate.
Inoltre sarebbe auspicabile sapere, con documentazioni certe, dove vengono conservate le chianche rimosse e dove vengono utilizzate per successivi interventi mirati nel centro storico. Quello è un partimonio comune di valore storico-affettivo e come tale deve essere trattato con il massimo rispetto.

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