lunedì 12 giugno 2006

Considerazioni esistenziali

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Computer Art di Pino Santoro


Crisalide














Piramidi elevavo di sogni
e scrigni di enigmi schiudevo.
Di tentate alchimie
vuoti restano alambicchi.
Dentro gli argini del vivere
succo amaro bevo dell’esistere.
 In diroccato muro
tenui bagliori mostrano
arcani indecifrabili.
Verso frontiere di ombre
impedisce zavorra il passo.
 Crisalide attendo il mio tempo.
Dai limiti del vivere libero
su distese planerò di silenzi.


Da "Proscenio bianco di calce" di Pino Santoro.

venerdì 2 giugno 2006

 


    PREFAZIONE AL VOLUME DI PINO SANTORO

"ROSSI DI OLEANDRO"



       Ernesto De Martino, parlando del lavoro di Albino Pierro, diceva che “per non essere provinciali occorre possedere un villaggio vivente nella memoria”. Chi tradisce le proprie radici, anche se uomo cosmopolita, si avvierà alla morte civile e umana. Leggendo i versi di Pino Santoro mi sono ricordato di queste riflessioni, perché la qualità e la bellezza di questo libriccino sono tutte racchiuse “nel villaggio della memoria” che il poeta canta ed esprime in versi nitidi e senza fronzoli. Nello specifico, la poesia di Santoro, affonda le sue radici nel magico mondo contadino ricco di lavoro, sofferenza, ma anche della luce e della bellezza di una natura intrisa di profumi e colori smaglianti.


      Non a caso Santoro alterna il suo lavoro di pittore con quello di poeta e a volte questo mondo e la sua ansia metafisica sono trasferite sulla tavolozza e altre volte sono rappresentate dalle parole e dal gioco delle immagini. Si legga a proposito “Fanciullezza”, dove il poeta manifesta la sua biografia dura e genuina “ricche primavere sperando”.

      Questo è un libro che canta i gesti poveri della nostra gente, la quotidianità e i sentimenti radicati, avvinti come la paretaria e l’edera. Qualche critico, in vena di costruire scuole e generi, ha rintracciato una “linea mediterranea” della poesia meridionale. Una linea della luce splendente e ammagliante, del tripudio della natura colorata degli spazi luminosi.

     Queste caratteristiche sono presenti nella poesia di Santoro, ma questo aspetto edenico non fa dimenticare, appena accennati e furtivi, i limiti del vivere e il senso del naufragio: “Globo mi ridestò / naufrago / nell’imperscrutabile”.

     A volte, critici interessati, stabiliscono paragoni e relazioni con i grandi della poesia per amplificare il valore poetico del proprio protetto. Credo, invece, che il miglior complimento che si possa fare ad un artista sia quello di riconoscergli uno stile personale e originale. E’ il caso di Pino Santoro.

                                                                     Vincenzo Gasparro

 

     Non è la prima volta che Pino Santoro ci regala delle poesie, ma quelle raccolte in questo volumetto ci segnalano i progressi palpabili e notevoli della sua scrittura e del suo mondo poetico. Penso che il suo percorso poetico fa da pendant alla sua vocazione pittorica.

     Egli vede e descrive i suoi sentimenti utilizzando indifferentemente la tavolozza dei colori e quelli della penna. Per questo il tratto saliente della sua scrittura è la concisione icastica che t'immerge in una full-immersion del tripudio colorato della natura. Il sudore dell'uomo, contadino meridionale, è quasi alleviato da una natura che diventa madre benefica e lussuriosa.

     Ma si può rintracciare anche un'altra pista di lettura che affonda le radici nella sua koiné, nel mondo laborioso del contadino con tutta la sua valenza culturale e magica. Ma il rimpianto per il mondo perduto non è una forma di rifiuto tout-court della modernità, ma solo l'amarezza per la perdita del senso di "appartenenza ad un gruppo sul quale si poteva contare in ogni istante".

     E' un bel libro pieno di umanità e di senso. Pino Santoro ha scritto un libro per cementare la nostra comunità, alla faccia di chi pensa che con la poesia e la cultura bisogna cercare la divisione e lo scontro.

Articolo di CegliePlurale

 

ROSSI DI OLEANDRO

M’inebria pace

se raro in ogni anfratto

dilaga silenzio.

Raggomitolate albe

dipano settembrine

quando sole frantumava

residui di cobalto

e fichi d’india attendevano

freschi di rugiada.

Riposi rossi di oleandro

filtrano da fessure del passato.

Dal volume "Rossi di Oleandro" di Pino Santoro