martedì 16 maggio 2006

SCHEDA ARTISTICA DI PIETRO GATTI


 


Pietro GATTI  nato a Bari, nel 1913, in modo del tutto accidentale e “non incidente sulla sua vita”, come scrisse lui stesso in una nota autobiografica. I genitori si erano trasferiti nel capoluogo pugliese per permettere alla madre di frequentare un corso di ostetricia. Il piccolo Pietro, ancora di pochi mesi, fu portato a Ceglie e qui si “radicò profondissimamente”. Studiò in seminario per cinque anni. Ne venne fuori approdando, con insofferenza, all’insegnamento elementare. Quindi fu dipendente comunale dal 1938 al 1974, anni in cui la poesia batteva così forte da indurre il poeta al pensionamento anticipato.


         Infiniti sono i riconoscimenti critici per la produzione artistica del poeta cegliese Pietro GATTI. Fra coloro che si sono occupati del nostro poeta  ci piace citare il critico e docente di glottologia presso l’università di Lecce, Mario D’Elia, con “La poesia dialettale di Pietro Gatti”; Macrì con una puntigliosa recensione apparsa su “L’albero”; Mario Marti con “Notizie dal Salento: la poesia dialettale del cegliese Pietro Gatti”; i nostri concittadini Giuseppe e Pietro Magno in “Storia di Ceglie Messapica” e ancora Vincenzo Gasparro  in “La pampanella amara” e l’illustre rettore dell’università di Lecce, Donato Valli, fraterno amico del Gatti.


         Con Gatti il dialetto cegliese è entrato a pieno titolo negli studi di dialettologia. L’esordio alla carta stampata è segnato da una breve silloge edita dalla Tipografica di Ceglie nel 1973 con “Nu vecchju diarie d’amore”: un canzoniere a carattere autobiografico che già tendeva ad un simbolismo immediato, di un’istintività pascoliana. Nel maggio del ’76, presso Schena di Fasano, vede la luce quella che noi riteniamo essere il capolavoro del Gatti: “A terra meje”. Qui è un continuo rincorrersi di immagini felici, pregne di un mondo di povertà e di miseria, di sudore e di fatica. Sei anni di silenzio editoriale per approdare ad una esaltante fusione di autobiografismo e simbolismo con “Memorie d’ajere i dde josce”. Raccolta poetica, questa, in cui i versi si fanno preghiera. Nel 1984 Pietro Gatti ci regala il suo quarto pilastro: “ ‘Nguna vite”: un dolore-amore tutto meridionale e foscoliano plasma ogni poesia. La morte che “nasce dalla vita”, si confonde con il quotidiano.


         Alle importantissime opere citate Pietro Gatti, grazie alla sensibilità artistica di alcuni amici e all’impegno del Rotary Club – Terra dei Messapi di Ceglie, aggiunge, nel dicembre del 1997 per i tipi della locale casa editrice, “A seconda venuta” (La seconda venuta), opera epica e monumentale con la quale il nostro si consegna per sempre alla storia della poesia dialettale.


         Al maggiore poeta cegliese di tutti i tempi chiediamo, facendo nostra una sua dedica: “… cu nne làsse a porte scaranzate” (… che ci lasci la porta socchiusa).

5 commenti:

  1. bella e sensibile scheda per il "nostro" poeta

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  2. Aspetto con ansia notizie sulla reperibilità dei volumi di Pietro Gatti.

    Dalle poche cose che ho letto, capisco che ci troviamo di fronte ad un grande poeta che ha preferito "lasciare la porta aperta" scrivendo in dialetto.

    Ciao, Beppe

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  3. Purtroppo non si trovano libri di Pietro Gatti. L'ultimo "A seconda Venute" di proprietà del Rotary Club è andato esaurito in poco tempo.

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  4. In ogni caso ti ringrazio x l'interessamento e aspetterò le inserzioni che di volta in volta avrai la bontà aggiungere nel tuo blog.

    Ciao, buona notte, Beppe

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  5. Salve, chi mi può prestare/fotocopiare il libro "a seconda venute"? Ovviamente provvederò io stesso alle spese, grazie!
    echomarcel@libero.it

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